Intervista con il presidente comAGRI PE Paolo De Castro
Roma, (agra press) – Reduce da una impegnativa maratona per l’analisi degli emendamenti alla riforma della pac che si è conclusa con il via libera a un pacchetto di modifiche che saranno al vaglio dell’Aula del Parlamento europeo, il presidente della commissione Agricoltura ed esponente del Pd, Paolo De Castro, risponde, nell’intervista che segue, ad alcune domande sullo stato dell’arte della riforma agricola europea e sulla campagna elettorale italiana.
Dopo il lavoro della commissione Agricoltura, si aspetta sorprese dalla plenaria?
Il lavoro svolto in commissione Agricoltura è stato lungo e complesso. Ha portato a sintesi circa ottomila emendamenti e il nostro auspicio è che la plenaria possa migliorare ulteriormente alcuni punti della proposta maturata in comagri. Ovviamente di mezzo c’è la decisione sul bilancio dell’Unione ed è ovvio che il tema delle risorse sarà dirimente per il voto in Aula. Già in Commissione un nutrito gruppo di europarlamentari ha votato per il rigetto completo della proposta Ciolos e un’eventuale ipotesi di tagli alle risorse per l’agricoltura potrebbe ulteriormente allargare questo fronte.
Perche’ tante critiche sull’agricoltore attivo?
Su questo tema va innanzitutto detto che il lavoro in Parlamento europeo ha permesso di superare la proposta della Commissione europea che era assai problematica, in particolare per le nostre aziende agricole. Il riferimento ai parametri proposti da Ciolos, risultava farraginoso e di difficile interpretazione per i paesi come l’Italia che adottano un regime di contabilità fiscale semplificata per gli agricoltori. Abbiamo fatto un importante passo in avanti costruendo una “black list”, una lista negativa che esclude dalla possibilità di ottenere aiuti dalla Pac una serie di soggetti esterni al mondo agricolo.
In particolare, credo che la proposta del Parlamento europeo, oggi confortata dalle interpretazioni fornite dal segretariato della comagri, possa definitivamente superare alcune perplessità iniziali. Lo spirito della norma votata dalla comAGRI è chiaro nella volontà di lasciare agli stati membri la facolta’ di definire in maniera puntuale i criteri che danno diritto alla qualifica di agricoltore attivo, ovvero di colui il quale garantisce l’esercizio dell’attività minima stabilita dagli stati membri.
Forse il testo, per la sua complessità, ha generato qualche dubbio interpretativo, ma durante le prossime fasi del negoziato con il Consiglio potrà essere semplificato e ulteriormente chiarito.
E a quelle sul greening come risponde?
Il nostro lavoro ha innanzitutto permesso di equiparare le colture arboree – olivo, vite, alberi da frutto – ai pascoli, riequilibrando una visione molto sbilanciata a favore delle caratteristiche dell’agricoltura nordeuropea. Credo che non ci siano dubbi sul valore ambientale e in particolare sulla capacità di sequestro di CO2 fornita dalle legnose agrarie. In più abbiamo cercato di rendere gli impegni ambientali più coerenti con i fabbisogni dei territori e soprattutto di alleviare il carico burocratico per gli agricoltori e, specialmente, per le piccole aziende. Semplificazione, effettivita’ delle misure e coerenza degli impegni: questi i principi cui abbiamo fatto riferimento per la costruzione della nostra proposta.
Il Parlamento europeo è un votificio come sostiene il Telegraph?
Il Telegraph non manca nessuna occasione per attaccare tutto ciò che fa riferimento a Bruxelles. La sua tradizionale impostazione antieuropeista si esalta soprattutto in un momento in cui nel Regno Unito si parla di referendum sulla permanenza in Europa. Detto questo tutti sanno che la proposta della commissione Agricoltura è il frutto di un serrato lavoro durato mesi, di un confronto spesso anche aspro e che il voto è la sintesi di questo confronto. Lascerei le battute del Telegraph ai nostalgici del nazionalismo.
Come valuta la campagna elettorale in corso in Italia, almeno per quello che riguarda l’agricoltura e quale è il suo giudizio sull’operato dell’ultimo governo?
La campagna elettorale in Italia assume sempre toni aspri e questo tende a mettere in secondo piano i contenuti. Per quanto concerne il mio partito e la mia coalizione, l’agricoltura torna ad essere un tema centrale. L’agroalimentare è il primo settore economico del nostro paese e ha bisogno di interventi seri per valorizzarne tutto il potenziale. È dall’ultimo Governo Prodi che non si vedono interventi organici e soprattutto è da allora che non si vedono risorse per il settore. L’ultimo governo ha avuto poco tempo a disposizione e la legislatura si è chiusa prematuramente. Tante buone intenzioni, ma pochi elementi per esprimere un giudizio.
Si aspetta problemi per l’Italia per la concomitanza tra il periodo elettorale e i negoziati su Pac e bilancio Ue?
In questi ultimi anni la presenza del Governo sui temi agricoli è stata contraddistinta da numerosi cambi e scarsa autorevolezza. Ovviamente questa concomitanza temporale non facilita la difesa delle nostre prerogative, ma fortunatamente il presidio al Parlamento europeo è saldo e senza differenze di gruppo politico o appartenenza partitica.